Da anni l’OltrEconomia Festival si è preso il compito collettivo di individuare, capire e raccontare le tante crisi che in maniera sistemica hanno caratterizzato le nostre società, minandone gli equilibri e creando drammatiche fasi di conflitto sociale ed ambientale.
In questa fase storica stiamo vivendo un momento di passaggio epocale che, fra guerre vecchie, nuove, dimenticate, minacciate, assieme a coraggiose manifestazioni di piazza che infiammano interi continenti, dimostra l’esistenza di resistenze diffuse e multiformi, che tentano di ricostruire le maglie di democrazie sfibrate ed asservite al capitale, rivendicando diritti e costruendo contemporaneamente nuovi modelli di relazione, organizzazione, comunicazione, tecnologie e contropotere.
Questo moto embrionale, che ha tuttavia radici antiche, ha come nucleo la territorialità e si riversa in modelli alternativi di produzione, distribuzione e solidarietà dal basso che contrastano profondamente il paradigma di sviluppo dominante, abbozzando i tratti di un’economia in fase nascente che potrebbe caratterizzare la società post capitalistica: economie sociali e reti di sovranità alimentari e agroecologiche, forme di economie partecipative e collaborative che innestano le proprie pratiche nella difesa dei beni comuni, nell’equità di genere, nel rispetto dell’ambiente, della libertà di movimento e dell’autodeterminazione dei popoli. Strategie diffuse e comunitarie che contrastano nettamente le economie e le operazioni di guerra, le politiche razziste e repressive, l’eteropatriarcato, il monopolio criminogeno delle attività iperestrattiviste, ponendo nuove fondamenta e ristrutturando basi forti, per un cambiamento antropologico di paradigma. A partire dall’analisi dei conflitti in corso, delle organizzazioni sociali e dei movimenti che in molte parti del Pianeta stanno lottando per la costruzione di una transizione ecologica, politica e sociale, vogliamo provare ad individuare le caratteristiche rivoluzionarie di questa trasformazione in atto, che cade a due decenni dai movimenti di Seattle, e dai primi conflitti del millennio per la riappropriazione dei beni comuni.
Per costruire insieme un’economia antitetica a quella di guerra, che vada oltre a quella dell’accaparramento e del sopruso: un’Economia della Rivoluzione!!